VILLA PREMOLI
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Identità storica 
e riconoscimento di una continuità.

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Villa Premoli, palazzo a tre piani risalente al XVII sec., si trova ai piedi del monte Tomba, nei pressi di Possagno, località celebre per aver dato i natali ad Antonio Canova e dove sorge la famosa Gipsoteca a lui dedicata.
Appartenente un tempo ai discendenti dei Bianchi imprenditori nel campo della lana, nella seconda metà dell’800 diventa di proprietà della nobile famiglia dei Conti Premoli.

L’edificio principale, circondato da un parco con un antico pozzo veneziano, le scuderie e una pregevole barchessa con loggiato, gode di una magnifica vista sui colli asolani. 
Dopo un periodo di abbandono, gli eredi della famiglia Premoli hanno deciso di riportare l’antica dimora a nuova vita. Oltre ad aver completamente ristrutturato il palazzo, nel brolo sottostante si è dato vita alla coltivazione di un vigneto per la produzione di un prosecco biologico di altissima qualità, che può essere degustato nella suggestiva cantina della dimora.
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Le origini

La costruzione del complesso architettonico costituito dalle Ville Venete Bianchi-Sanguinazzi-Premoli-Nardini e dalla Villa Bianchi-Sertorio, la prima risalente al secolo XVII, la seconda al secolo XVIII, è legata al successo economico della ricca famiglia Bianchi, già pienamente raggiunto nel secolo XVII. La lavorazione della lana, dal trattamento della materia prima, filatura, pettinatura e tessitura fino alla confezione e vendita dei panni, è stata fin dal Medio Evo per i comuni di Cavaso, Paderno e Castelcucco fonte di benessere e di ricchezza. Gli abbondanti pascoli per gli ovini, la presenza di numerosi corsi d’acqua, utilizzabile anche come forza motrice per la conformazione orografica dei luoghi, e la capacità imprenditoriale di molte persone sono stati gli elementi concomitanti a dare impulso all’arte della lana. Dal XIII secolo fino all’unità d’Italia gli addetti alla lavorazione della lana in questi paesi della pedemontana veneta rappresentavano anche il 60÷70% della popolazione.
I Bianchi sono presenti in Obledo ( nei documenti “Oggie” o “Oje” ), borgo antico del comune di Cavaso, già nei secoli XV e XVI. Nel Seicento la famiglia raggiunge un elevato stato di ricchezza con i fratelli Livio e Giovanni, che nella seconda metà del secolo oltre ad essere lanieri o lanari, sono dei veri e propri banchieri. Prestano danaro al sei per cento, con ipoteca su beni immobili dei debitori. In questo stesso periodo acquistano appezzamenti di terra in Obledo confinanti con la loro casa di abitazione.
Altra circostanza favorevole all’incremento di ricchezza a favore dei fratelli Bianchi è il lascito testamentario del 1672 di tutto il patrimonio da parte dello zio Domenico Bianchi fu Giovanni, privo di figli.
Il prospetto Sud della Villa affacciantesi sul giardino ristretto “ all’italiana “, immediatamente adiacente e cinto anch’esso da mura. Da questo si accede, attraverso la sequenza dei tre successivi cancelli ( Villa – Giardino Sud ) verso valle, direttamente alla strada principale pedecollinare “ via Roma “.
Il sito importante, nel quale si realizza e si sviluppa l’insediamento edificatorio della famiglia Bianchi, è ad Ovest del torrente Santa Maria Maddalena ( così chiamato per la denominazione della chiesetta romanica tutt’ora esistente e recentemente restaurata, posta a Nord di Obledo ) nell’ampio pendio dolcemente degradante verso l’antica strada pedemontana che collega i comuni da Pederobba a Romano di Ezzelino.
La data scolpita nella cantina di Villa Bianchi-Premoli: “1679” e la rappresentazione della Villa nel Catasto Asolano del 1717 sono le date “ ante quem ”, che collocano la costruzione del corpo più antico costituito dall’impianto tipico della casa veneziana, tripartita in sala centrale passante con le due stanze laterali, nella seconda metà del Seicento.
Già nel suo primo nucleo antico, sorto a ridosso e ad Ovest della strada comunale, il palazzo si presenta con una certa imponenza sviluppandosi in altezza su ben due piani nobili sopra al piano terra, più il piano sottotetto contraddistinto dalle eleganti aperture quadrilobate in asse con le finestre sottostanti.
Nel Settecento si è proceduto al completamento della Villa come appare oggi, mediante un suo ampliamento verso Ovest con altre due campate stilisticamente e tipologicamente in linea con l’antica facciata seicentesca. E’ stata aggiunta la campata di un’altra sala passante e, sulla sinistra di questa, la campata di un’altra stanza con retrostanti vano scala e altra stanza; è stato ripetuto lo stesso modulo di facciata del salone a Est con trifore, poggioli e balaustre in pietra e le finestre quadrilobate nel piano sottotetto, cornicione a dentelli e messa in opera di altro elegante comignolo esagonale come i due del corpo antico. La composizione finale, partendo dalla sinistra, è: stanza - sala passante – stanza - sala passante - stanza. Forometricamente abbiano due aperture sulle stanze e tre sulle sale, cosicché si determina un modulo rarissimo nella tipologia della Villa Veneta dei dodici fori-finestre nella sequenza biassiale di 2+3+2+3+2. Tale ampliamento ha dato luogo all’imponente e maestosa Villa quale si è conservata fino ai nostri giorni e che immediatamente appare a chi percorre la nuova strada della Valcavasia o giunge da Castelcucco. Il tempio di Canova a Possagno, collocato ad Ovest a circa ottocento metri di distanza e nella stessa linea altimetrica, e la Villa creano in prospettiva lontana, stagliati sul verde dei boschi dei monti retrostanti, una definizione di spazio storico-architettonico particolare e suggestivo, pur nelle distinte qualifiche di aulico edificio religioso il primo ed imponente Villa Veneta il secondo.
Nella prima metà del Settecento altra Villa Bianchi ( Bianchi-Sertorio ) sorge a Sud-Est dell’antica Villa seicentesca. La sua tipologia è settecentesca, con frontone a timpano e la ripartizione delle forometrie di facciata che propongono il salone passante con le due stanze laterali.
La stretta strada comunale che transita sotto alla Villa seicentesca, denominata nelle mappe antiche “strada comunale detta dei Bianchi” ha sempre rappresentato per la Villa una scomoda cintura di contenimento e strozzatura alla stessa proprietà.
I Bianchi, nel Settecento, sono diventati definitivamente proprietari di tutto il terreno compreso tra il torrente S. Maria Maddalena, la chiesetta dei Santi Ermagora e Fortunato, la strada Cavaso–Possagno, il capitello di S. Giuseppe con Via Obledo, che si ricongiunge a Nord con la strada comunale detta dei Bianchi. Essi hanno chiuso il terreno con un muro in pietra e sulla strada grande hanno portato l’ingresso della Villa antica, carraio e pedonale, realizzato con alti pilastri a sezione quadrata, sormontati da un piano sporgente in pietra viva con cornice a becco di civetta di fattura settecentesca, e cancelli in ferro battuto con elementi verticali culminanti a punta di lancia. La strada interna è realizzata lungo il muro di recinzione in pietra a Sud-Ovest e Ovest, atta a rendere con lo sviluppo curvilineo meno ripida e più dolce la salita alla Villa. La strada poi prosegue rettilinea a Nord e passando la doppia coppia di pilastri simili a quelli sulla strada bassa, attraversa la stretta stradina detta “ dei Bianchi ” per inoltrarsi rettilinea ancora verso le adiacenze, collocate posteriormente a Villa Bianchi. Questo terreno, denominato “ cioère ” da “ chiodère ”, luogo in cui anticamente si usavano attrezzi in legno a rastrelliera con terminazione a chiodi per la lavorazione della lana e che si sviluppava secondo lotti a strisce terrazzate parallele con andamento Ovest-Est in direzione del torrente Santa Maria Maddalena, di cui era utilizzata l’acqua per la lavorazione della lana, è impropriamente definito “ brolo “ in sede di comunicazione di proposta di estensione del vincolo da parte della Soprintendenza nel 2003.

Il "brolo Cioère"
Il “ brolo “ correttamente è il terreno solitamente situato dietro la Villa ed è zona di orto e frutteto, anche se nel Dizionario Etimologico Italiano, Barbera editore, FI, 1950, alla voce “brolo”, si dice “ parco, brolo, giardino ”. In realtà in area veneta il “ bruolo “ o “ brolo “ ( dal latino “ braidus ” ) tende ad avere più il significato di giardino di alberi da frutto e di piante di ortaggi.

Qui invece il “ brolo “ è da considerarsi, a pieno titolo, “ parco – giardino “ tenuto a prato per consentire la miglior veduta agli abitanti della Villa sulla Valcavasia e sui colli dell’Asolano e soprattutto perché la Villa abbia la sua cornice di verde nella parte a Sud verso la valle e dalla strada principale si percepisca la maestosità della Villa che, emergente da queste onde di verde del terreno a balze del parco, colpisce, attraverso il cancello, gli occhi del visitatore o del passante, anche se distratto o frettoloso.
La vegetazione arborea dei Colli retrostanti ne costituisce lo sfondo, completando col loro nitido profilo l’apprezzabile e naturale contesto su cui si stagliano nettamente le emergenze architettoniche qui considerate.
Il prato è la coltura più diffusa e presente in Cavaso negli ultimi secoli come testimoniato dal Catasto Asolano del 1717 e poi nei Catasti Napoleonico, Austriaco e Italiano dell’Ottocento; e dunque è significativo e interessante che il parco di Villa Bianchi-Premoli nei secoli abbia conservato e mantenuto tale caratteristica, che ha per Cavaso grande valenza storica oltre che paesaggistica.

Il confronto tra la mappa del Catasto Napoleonico e la mappa del Catasto Austriaco del 1842 testimonia la situazione di disagio e di costrizione che ha rappresentato la stradina comunale contigua alla Villa nella sua parte ad Est. Nel Catasto Napoleonico è rappresentata la strada sottopassante un edificio di collegamento tra il corpo antico della Villa e il terreno ad Est della stessa. Tale edificio soprastrada nel Catasto Austriaco scompare e la situazione edificatoria rimane inalterata e la strada comunale detta “ dei Bianchi “ ricompare libera e pulita, esattamente come nel Catasto Asolano del 1717.


La Villa Bianchi-Premoli, dalla sua costruzione, è rimasta fino ai giorni nostri della stessa famiglia proprietaria. La trasmissione ereditaria nell’ultimo secolo è avvenuta attraverso la linea femminile, i cognomi di denominazione sono dei mariti delle proprietarie discendenti dalla originaria famiglia Bianchi. Sia i Bianchi, che i Sanguinazzi, che i Premoli hanno avuto nei loro appartenenti uomini e donne di insigne valore e si sono distinti sia nel campo civile che in quello religioso. Molti hanno avuto parte attiva nella vita politica e amministrativa del Comune di Cavaso.
Dunque non solo per essere stati promotori e gestori di importanti aziende nell’industria della lana, che è la storia plurisecolare di Cavaso e della sua economia, ma anche per le cariche civili egregiamente occupate e svolte, i proprietari della Villa Bianchi sono una memoria storica per il comune di Cavaso, cosicché la Villa rappresenta per il paese di Cavaso oltre che un grande documento di architettura e di paesaggio, anche il luogo della memoria storica, sopravvissuta all’evoluzione sociale ed economica spesso rivoluzionaria, sopravvissuta alle distruzioni della grande guerra che qui a ridosso del Grappa sono state particolarmente feroci e disastrose.
Il valore e le benemerenze dei componenti della famiglia Bianchi sono egregiamente illustrati nella recente pubblicazione “ Storia di Cavaso del Tomba” di Gabriele Ferronato, valente storico dei comuni della Pedemontana. L’ingegnere Giovanni Battista, della nobile e antica famiglia padovana dei Sanguinazzi, con Palazzo in Via Altinate e sepolcro nella Chiesa degli Eremitani, marito di Anna Bianchi, oltre ad aver lasciato al Comune di Feltre un palazzo in Feltre per la realizzazione di un asilo infantile, lascia al Comune di Cavaso una casa e terreni in Pederobba finalizzati alla creazione di una Banda musicale cittadina. 
Via Obledo 12 - 31034 Cavaso Del Tomba (TV)  
+39 347 3308741- 
info@villapremoli.com
P.IVA      03630100240

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Photo by Marina Chiesa -  www.marinachiesa.com
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